mercoledì 7 novembre 2012

"Nel Gioco del Jazz: una splendida serata al Teatro Forma di Bari con il Solitaire Ensemble" di Pino Marsico




"E' stata una domenica sera piena di gradevoli suggestioni, quella inaugurale della stagione 2012-2013 di "Nel Gioco nel Jazz", che l’affiatato gruppo di cinque clarinettisti del Solitaire Ensemble ha regalato al pubblico convenuto nella sala del Teatro Forma a Bari.
Fin da subito si è creato un clima di simpatica cordialità, che via via è diventata una vera e propria complicità, tra gli artisti e il pubblico, grazie alla vèrve accattivante di Roberto Petrocchi, impegnato al clarinetto basso, ispirato “presentatore” del concerto.
L’ensemble è unico nel suo genere, sia per il livello di eccellenza, dovuto al fatto che si tratta di cinque solisti, sia perchè non esiste un’altra formazione che suona insieme cinque differenti rappresentanti della famiglia dei clarinetti.
Il repertorio spaziava dall’opera lirica al belcanto, dalla musica da film ai più famosi standard del jazz; non è un caso infatti che l’inventore del clarinetto basso, Adolphe Sax,  come dice lo stesso nome, ha inventato, o meglio, creato dal nulla il sassofono, suonato da Simone Salza nelle performance jazz alla fine della seconda parte del concerto.
Si inizia con “Carmen suite”, ossia  gli highlights tratti dalla Carmen di Bizet, e subito la interpretazione suadente  e al tempo stesso limpida nella resa dei timbri della celebre opera, ha fatto intuire al pubblico tutta la ricchezza del “potenziale”, che l’ensemble avrebbe sprigionato nel prosieguo del concerto nel quale, a partire da questi primi brani, si associava un altro gradevole effetto: circa 250 immagini che preparate da Sara Romita, si susseguivano sullo schermo posto alle spalle dei musicisti.
Per ogni brano naturalmente ci sono una serie di immagini che  di volta in volta ne rimandano al tema , ai suoi luoghi e protagonisti, ai suoi colori , alle sue atmosfere.
Si prosegue con le musiche di Kurt Weill nella Suite da “Opera da tre soldi” che descrivono bene nella loro originale modernità il complesso intreccio dell’ambientazione popolare brechtiana.
Nella seconda parte del concerto si giunge quindi alle magiche atmosfere di Astor Piazzolla con due brani arrangiati apposta per l’ensemble, dal maestro fisarmonicista Luciano Fancelli: il famosissimo “Oblivion” e la scoppiettante rumba latino americana “Zita”.
In Oblivion, l'intensità drammatica e avvolgente del tango, era perfettamente resa dal sapiente mix del sax soprano di  Simone Salza nei suoi acuti evocativi e malinconici, in sinergia con il clarinetto basso di Roberto Petrocchi, che assurgeva a solista nei momenti di svolgimento della trama; il tutto in un crescente dialogo serrato tra i cinque strumenti che ben restituiva l’intenso sapore agrodolce del ballo argentino.
La vivacità spensierata della rumba che seguiva ha rilassato l’ambiente, insieme alle simpatiche melodie popolari colombiane arrangiate da Guitierrez e Calvo; queste sono  originariamente per  chitarra o nella versione per banda secondo la  grande tradizione del paese latino americano.
Sono state, quindi, eseguite musiche di un altro grande maestro, Gerardo Iacoucci, già collaboratore di grandi artisti come ad esempio Mina, che ha scritto per il Solitaire Ensemble un pezzo di intensa liricità, “Venezia”, oltre ad arrangiare magistralmente giganti del jazz (e non solo) come Duke Ellington e George Gershwin in “Four hits for five bye George”.
La penultima  esecuzione jazz è un raffinato pezzo di Dave Brubeck, “Blue rondò a la Turk”, nel quale si riconoscono i frutti dell’apprendistato del musicista americano alla scuola del grande compositore francese Darius Milhaud: il pezzo ha un andamento concitato secondo uno schema ritmico molto particolare che Simone Salsa definisce “azzoppato” e cioè 2+2+2+3 tipico degli anni 50: il risultato è una musica che sembra rimanere sospesa a volteggiare a mezz’aria ed infatti, ha spiegato il maestro, gli strumenti tecnicamente producono in perfetta sincronia una scala sonora verticale.
Chiudeva il concerto uno splendido arrangiamento del maestro sassofonista di “Night in Tunisia” del celebre Dizzy Gillespie, nel quale sono inconfondibili i riferimenti all’amico Charlie Parker.
Non poteva mancare il bis e forse non poteva non essere che un brano del grande Duke, un artista immenso nel quale forse meglio che in chiunque altro, si fondono magicamente in una costruzione  armonica unica, stili, linguaggi, correnti, ritmi, in una parola tutte le pulsioni del jazz a cavallo della metà del secolo scorso.
Gli applausi tributati all’ensemble durano a lungo e sono molto calorosi, merito di una serata musicalmente godibile." PINO MARSICO

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