martedì 19 febbraio 2013

Un autentico trionfo per Ludovico Einaudi ed il suo Ensemble al Petruzzelli



Il time-lapse è una tecnica cinematografica nella quale la frequenza di ogni fotogramma è molto inferiore a quella di riproduzione. A causa di questa discrepanza, la proiezione con un frame rate standard di 24 fps fa sì che il tempo in un filmato  sembri scorrere più velocemente del normale. Ludovico Einaudi, pianista e compositore italiano di riconosciuto successo planetario, applica questa raffinata tecnica alla sua musica e lo fa in questo suo nuovo disco che sta portando in tournèe co successo dagli inizi del 2013 in Italia, e che ha visto la sua ultima tappa, prima delle numerose date europee, al Teatro Petruzzelli di Bari.
Un significativo "extra" di stagione voluto fortemente dal commissario Carlo Fuortes nella programmazione della fondazione lirico-sinfonica di Bari di quest'anno. Chi scrive non ha mai visto il nuovo Petruzzelli così pieno di pubblico. Ci sono fino a sei, sette persone per palco. Un autentico, reale "sold out". Einaudi non è solo al pianoforte, come lo ricordavamo nei suoi esordi baresi al Kismet più di vent'anni fa, ma è affiancato da un corposo ensemble di buoni strumentisti: quattro violini, due viole, due violoncellisti, un percussionista, un multistrumentista ed un curatore di "live electronics". Negli anni il linguaggio minimalista di riferimento di Einaudi si è progressivamente ampliato; la sua ricerca ha trovato nuovi approdi nella World e nella New Age Music (la sua feconda collaborazione con l'arpista elettrica della brava Cecilia Chailly non è infatti un caso) e persino nella musica etnica e popolare. Ha diretto il Festival della Notte della Taranta per due anni consecutivi e questo non lo ha lasciato indifferente, da un punto di vista squisitamente estetico. Il suo nuovo disco "In a time lapse" è pertanto più originale, ipnotico ed intrigante dei precedenti. A chi scrive certe armonizzazioni e reiterate modulazioni così semplici e talora scontate danno un po' di fastidio, ma poi c'è chi al tuo fianco ti tranquillizza - einaudiano da anni - e ti spiega che questa musica non va ascoltata come Bach, Mozart e Beethoven (nostro pane quotidiano), ma bisogna calarsi in una sorta di meditazione zen o buddhista. 
In questo, mi chiedo allora, le immagini potrebbero aiutare un po' di più: alla maniera, per esempio, di quanto ha fatto stupendamente nel suo capolavoro  "L'albero della vita" il regista cinematografico Terence Malick...
Divagazioni le mie? Probabilmente sì, perchè i 1500 del Petruzzelli non hanno alcun dubbio invece nel decretargli, applaudendo a più riprese il concertone di oltre due ore (senza alcuna fisiologica pausa), uno straordinario trionfo. Bravo Ludovico ad aver capito cosa serve alla gente di oggi: sognare, vibrando insieme, attraverso note belle, amplificate, suggestive, semplici...Altro che i figli di Varese, Boulez, Stockhausen e Nono che continuano imperterriti nella loro sterile quanto onanistica emulazione dei loro padri. La musica è proprio cambiata...O no?

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