venerdì 7 novembre 2014

Lonquich e Mozart, un binomio ideale ieri al Petruzzelli


Una bella serata quella di ieri, al Petruzzelli di Bari, quando si è esibito il celebre pianista e direttore d'orchestra tedesco, Alexander Lonquich (nella foto). Un programma tutto mozartiano, di quelli raffinati e assolutamente godibili. Dal giovanile (ma quanto bello!) Concerto per flauto, arpa e orchestra in do maggiore  K. 299, alla maturità stilistica della Sinfonia K.504, detta "Praga", con la singolare proposta finale di un Concerto per pianoforte e orchestra, il K.482, che è sicuramente uno dei meno ascoltati ed eseguiti.

 Per questo motivo il concerto si è rivelato tra i più interessanti e stimolanti della corrente stagione sinfonica. Ci hanno colpito la bravura e l'indubbio talento delle prime parti dell'Orchestra del Petruzzelli:  Raffaele Bifulco (flauto) ed Enea Cavallo (arpa) così concentrati ed esuberanti, oltre che davvero virtuosi, tra le pieghe stilistiche di uno dei più raffinati concerti scritti per flauto ed arpa. Così come assai convincente è stato il bis spagnoleggiante da loro proposto.
Poi si è passati alla Sinfonia "Praga", uno dei lavori sommi del "Divin Salisburghese". Esuberante qui la prova dell'Orchestra, che ha suonato con attenzione prevalente ai cliche barocchi dell'epoca precedente quella mozartiana. Una lettura che  ci ricordava le scelte stilistiche di un Harnoncourt e di un Minkowski ( dinamiche sottili e sorprendenti, compattezza aerea dei fiati e dei legni, oltre che timpani in notevole evidenza). Buona quindi la prova di Lonquich, anche come direttore. Peraltro, va detto, che se come direttore non lo conoscevamo, mentre come pianista abbiamo avuto un fervido incontro con lui più di trent'anni fa nella vecchia sala dell'Auditorium "Nino Rota", quando appena ventenne, suonò da par suo un concerto beethoveniano (credo fosse il primo, ma potrei sbagliarmi). Erano anni lontani, e da poco aveva vinto il prestigioso "Casagrande" di Terni.
La sua maturità straordinaria, dal precoce enfant prodige che era, è comunque chiara ed  evidente: nel concerto di Mozart lo vediamo prima scalpitare con le mani, vibrando con insolita chiarezza con la sua vigorosa genstualità, e poi sedersi al pianoforte e suonare con naturalezza davvero stratosferica. Digitalità acceleratissima, tocco staccato ma inquieto e sempre tesissimo. Si nota una sua personale frequentazione anche con il fortepiano, e qui vien fuori la lezione filologica di Minkowski. Direi un talento che ha dato per fortuna i suoi frutti negli anni. Cosa rara. Un vero peccato non averlo seguito, più da vicino negli ultimi anni. Quando ha eseguito, tra l'altro, proprio tutti i concerti mozartiani con l'eccellente Orchestra da Camera di Mantova.
Alla fine, applausi convincenti e meritatissimi per lui, con conseguenti chiamate a ripetizione sul palco,  hanno indotto Lonquich a concedere due bis, tra cui il malinconico quanto sublime, andante del Concerto K. 488. Una serata dunque da ricordare, anche grazie alla nostra Orchestra, che resta uno dei punti-cardine del concreto rilancio della Fondazione Petruzzelli, in questi anni bui ed incerti.

Nessun commento:

Posta un commento