venerdì 4 dicembre 2015

Intervista a Marco Angius, da settembre 2015 nuovo direttore dell'Orchestra di Padova e del Veneto.*


L'Orchestra di Padova e del Veneto comincia un cammino di rinnovamento con Marco Angius (nella foto), nominato lo scorso mese di settembre 2015 nuovo direttore musicale e artistico: più contemporanea nel repertorio, più giovane nel pubblico, più social nella comunicazione, più legata alla città e alle istituzioni del territorio e magari più bella in un nuovo spazio a lei dedicato. Angius si è inserito immediatamente all'interno della prima stagione che lo vede alla guida dell'OPV con tanti progetti e tante novità, che gli chiediamo di illustrarci. 

Quando è cominciata la sua collaborazione con l'OPV? 

«È iniziato tutto nel 2013 con un disco di opere di Michele dall'Ongaro - spiega il direttore Marco Angius - e poi è proseguito l'anno scorso con l'incisione integrale dell'Arte della fuga di Bach orchestrata da Hermann Scherchen, uscito da poco, fino ad arrivare a quest'anno con questo doppio incarico che mi è stato assegnato, di direzione artistica e musicale, per gradimento reciproco con l'orchestra. È un momento particolare per loro e quindi una figura di riferimento in questo senso era importante. Il mio rapporto con l'OPV è cominciato quindi con due progetti un po' estremi, dove serviva un'orchestra molto vicina a questi repertori ma anche molto duttile. Stiamo parlando di un'orchestra che ha una storia discografica che contempla 50 pubblicazioni, la più ricca d'Italia. Una storia lunga, fatta di collaborazioni prestigiose e grandi solisti, che negli ultima tempi aveva bisogno di rinnovarsi e trovare nuovi punti di riferimanto. Ho letto quindi questo concorso per la ricerca di un direttore artistico in maniera fatalistica: l'orchestra non aveva un direttore stabile da tempo ma cercava anche una figura di rinnovamento particolare. Ho avuto esperienze di direzione con orchestre simili alla struttura dell'OPV, come I Pomeriggi Musicali, la Ort, l'Orchestra Haydn. Avendole dirette un po' tutte ho un'idea precisa della realtà di questo tipo di orchestre. Dall'altro lato, provenendo dalla musica contemporanea ho fatto un percorso inverso, ora comincio il repertorio». 

Come si rinnoveranno i programmi delle prossime stagioni dell'OPV? 

«Fino a qualche tempo fa la musica contemporanea era una sorta di genere a sé stante. La mia idea non è quella di infarcire i programmi classici con la contemporanea, accostare cioè un pezzo di musica nuova ad una sinfonia, come una sorta di panino avvelenato. Quest'anno la stagione non l'ho potuta firmare per le tempistiche del mio arrivo. Alcuni concerti erano già fissati, ma sono potuto intervenire in particolare per quelli che dirigerò io stesso. Lì ho voluto mettere un po' un'impronta che è quella del dialogo tra musica del presente e del passato, come oggi si rileggono le partiture del passato in una luce nuova, illuminante, originale. Per questo motivo ad inizio stagione ho voluto Sciarrino, con la prima esecuzione assoluta di Sposalizio da Liszt, e Mahler, con la Seconda Sinfonia nella versione Kaplan/Mathes, eseguita per la prima volta in Italia. A gennaio presenteremo due opere di Dallapiccola che faranno parte, accanto alle Variazione op. 27 per pianoforte ed orchestra e a Helian - cinque poemi per soprano e orchestra da camera di Camillo Togni, di un nuovo progetto discografico sulla dodecafonia in Italia. L'etichetta sarà Stradivarius ed il disco gode di un incentivo della SIAE, grazie ad un'iniziativa per favorire la musica contemporanea». 

I concerti da lei diretti in questa prima stagione si collegano ad un Pecorso Mahler: senza nulla togliere alle sinfonie di un compositore come Beethoven - "oggi semplicemente necessario" come scrive lei sul blog dell'OPV - sembra che i suoi riferimenti al repertorio si spostino in avanti di almeno un secolo rispetto alle consuete stagioni sinfoniche... 

«Sì, è la scommessa più forte. Il pubblico che normalmente va a concerto ha un'idea precisa della musica e possiede delle aspettative precise dalla sinfonica. Si cerca di parlare ad un pubblico molto ampio, anche un pubblico di giovani interessato a Beethoven, ma si propongono anche appuntamenti spostati in avanti con Folksongs di Berio e Dallapiccola, con Bach/Stravinsky in prima esecuzione italiana e con l'ultimo concerto a maggio con Chiara Muti che è parzialmente spostato verso una prospettiva novecentesca. È chiaro che avere giovani in generale che riempono l'Auditorium Pollini è il segno di un cambiamento molto forte non solo nella programmazione ma anche nella risposta del pubblico, altrimenti puoi essere originale ma mancano gli interlocutori. Cerco di avere un dialogo molto forte con le istituzioni culturali e didattiche del territorio, soprattutto l'Università. Il mio lavoro è scrivere saggi e riflettere su quello che dico, credo che occorra spiegare in maniera attiva, non intellettuale. Io scriverò un cappello ad ogni programma, parlando delle varie problematiche come gli stili compositivi, la musica di oggi, i compositori. Non basta più fare il concerto e la programmazione, bisogna essere molto interdiciplinari e coinvolgenti». 

E in questo senso l'OPV diventa con lei più social: un blog dedicato (opvorchestra.tumblr.com), i video sull'orchestra realizzati dagli studenti universitari per un progetto didattico, i concerti Allegretto per "ascoltare responsabilmente"... 

«Questa apertura ai social sta dando dei frutti immediati con i giovani e gli studenti universitari, che ora vediamo nel pubblico ma che spero partecipino poi anche in un altro ruolo. Ho dei collaboratori che hanno esperienza diretta e sanno usare bene i mezzi di comunicazione attuale, un team bello. Il mio modo di fare musica non è verticistico, sia con l'orchestra sia con la fondazione c'è dialogo e scambio di idee, è la mia cifra. Ma il rinnovamento della OPV non si ferma al lato social, riguarderà anche l'interno: stiamo per indire nuovi concorsi ed audizioni. Inoltre, cerco di avere un dialogo anche con il territorio e la città. Se proponessi solo le mie idee sarebbe sterile. Ora sto studiando il contesto e il rapporto con il pubblico. Ma sto vedendo che dialogo con i giovani è molto proficuo, i concerti aperitivo che abbiamo fatto in questi primi due mesi sono stati molto seguiti». 

Fresca è la nomina di Salvatore Sciarrino a compositore in residenza di OPV per questa stagione sinfonica, come ha comunicato lei stesso dopo il concerto di apertura. Quali sono i suoi progetti? 

«Conosco Sciarrino da 25 anni, ho dedicato molti studi e molti dischi alla sua opera di compositore. Quindi, avuta questa nomina, ho raggruppato attorno all'orchestra le figure più familiari. C'è l'intenzione di coprodurre assieme all'Università di Padova delle lezioni dal carattere molto interdisciplinare con Sciarrino, con commenti in diretta da parte dell'orchestra: una storia della musica contratta in tre incontri principali, con docenti anche di storia dell'arte. La formula non è quella di proporre musica contemporanea a testa bassa, quanto mostrare tutte le potenzialità più forti didatticamente della musica contemporanea per un pubblico d'oggi. In particolare per i giovani, che stanno dando una risposta forte. Moto dipende da programmi originali e dalle formule per gli under 35, ma devono esserci anche motivi attraenti». 

Ma le novità non finiscono qui, si parla anche di un prossimo concorso di composizione... 

«È una mia idea a cui tengo moltissimo e che sto perfezionando in questi giorni per le collaborazioni e la collocazione. Sarà lo stesso Sciarrino a presiedere la giuria internazionale e dopo di lui lo faranno i compositori già affermati che collaboreranno ogni anno con l'orchestra. Sarà come un passaggio di testimone da un grande compositore contemporaneo ad un giovane compositore. È un progetto molto ambizioso che mette l'orchestra al servizio della ricerca e della creatività culturale e musicale. Sarebbe l'unico concorso di composizione per orchestra esistente in Italia quindi mi sembra una grande opportunità. La cosa fondamentale è che OPV darebbe un contributo diretto all'individuazione di nuovi compositori. Quello che immagino per il vincitore non è solo la pubblicazione del brano e un premio in denaro, ma l'inserimento in stagione e la pubblica esecuzione del pezzo, con cerimonia ufficiale e grande attenzione dal parte dei media. Il bando uscirà entro la fine di quest'anno e la finale del concorso si concluderà nell'autunno prossimo, quella è la tempistica indicativa». 

Quali altri progetti a lungo termine vorrebbe realizzare da qui al 2018, ossia la durata del suo mandato? 

«La cosa che potrà essere un'importante conquista del futuro per l'OPV è il luogo. Noi paghiamo l'affitto all'Auditorum Pollini, che è uno spazio all'interno del Conservatorio e che ospita tante altre iniziative della città di Padova. Questa cosa andrebbe cambiata. L'Auditorium in sé va benissimo, come acustica e come spazio per 500 persone, ma un'orchestra tale avrebbe bisogno di un teatro suo e questo al momento non c'é. È uno degli aspetti su cui stiamo lavorando. Era già stata fatta un'ipotesi di progetto in passato, ma servono tante cose la sua realizzazione, dalla politica alle congiunzioni storiche giuste. La mia idea sarebbe quella di uno spazio simile al Parco della musica di Roma, ossia uno spazio dell'orchestra e per la città dove si svolgono attività artistiche e culturali e di cui l'orchestra sarebbe l'organismo vettore. Questo è anche un obettivo che sarebbe da trasformare in concreto e per il quale stiamo lavorando con tutte le forze». 


Monique Ciola



Fonte: "Il Giornale della Musica"

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