sabato 12 dicembre 2015

L'elisir d'amore di Donizetti incanta il pubblico del Petruzzelli.



Un'opera "malincomica", così l'ha definita il regista (e non solo) Michele Mirabella. L'elisir d'amore, insieme con il Barbiere di Siviglia, la Norma di Bellini e la Lucia di Lamermoor, dello stesso Donizetti,  è una delle opere pre-verdiane, rimaste, senza alcuna interruzione, nel repertorio dei nostri giorni. Con successi formidabili, frutto di un lavoro indefesso e disperatissimo di appena due settimane al Teatro alla Caldobbiana, sala meneghina di secondo rango, in cui insieme a Donizetti, anche Felice Romani, noto librettista dell'epoca lavorò con tanto ardore alla costruzione di questo piccolo, ma grande capolavoro.
Va detto, che era amche l'ultima opera dell'anno a Bari, a coronamento di una buona, buonissima stagione. Il prossimo anno si partirà con le Nozze di Figaro di Mozart, succosa anteprima della stagione lirica barese al Petruzzelli.
Questa era invece una produzione tutta targata Fondazione Teatro Lirico di Cagliari, con la regia di Michele Mirabella e la eccellente direzione di Giuseppe La Malfa. Qui i personaggi protagonisti dell'opera sono: Adina, la borghese caricciosa, Nemorino il contadino ingenuo; Belcore, il militare sbruffone; Dulcamara il dottore ciarlatano. Un quartetto convenzionale ed efficace di una commedia all'italiana. Adina disprezza l'amore di Nemorino e preferisce le mostrine di Belcore, dove Nemorino si arruola per pagarsi l'elisir d'amore, che fa impazzire le ragazze del Paese, alla notizia di una presunta eredità di uno zio. Poi Adina, si sbaglia per un  tragico errore di orgoglio amoroso e facendo i conti con la sua coscienza  porta all'altare l'ingenuo contadino, lo affranca dall'esercito, e lo sposa.
Bello l'impianto scenico dello spettacolo curato da Mirabella: un paesaggio basco con campi di grano luminosi e sgargianti casette di taglio basco, con le luci ricchissime di Franco Angelo Ferrari, ed i costumi abbaglianti e variopinti di Alida Cappellini; mentre le scene erano puntualmente descritte da Gioavnni Licheri. Il Coro è decisamente il protagonista numero uno dell'opera, con sonorità folleggianti dei protagonisti, ma è il cast vocale ad impressionare per giustezza. Da Cataldo Caputo, stupendo timbro e vocalità di gran livello (appena un po' al di sotto purtroppo nella celeberrima "Furtiva lagrima"), al Dulcamara esemplare di Domenico Colaianni, un ruolo costruito indubbiamente sulla sua splendida voce, alla fantastica vocalità, unica e impagabile di Maria Grazia Schiavo, un finale d'opera da incorniciare, per la brillantezza del "belcanto" e l'abbacinante virtuosismo da lei messo in luce. Infine, il Belcore di Bruno Taddia, un buon lavoro il suo, per rendere la credibilità del personaggio con esilarante impegno. Anche la Giannetta di Marta Calcaterra, si è mostrata all'altezza del suo compito più scenico che vocale.
Eccellente, dicevamo, la direzione del barese di adozione, ma siciliano di nascita, Giuseppe La Malfa, cresciuto al Petruzzelli, e che ha mostrato classe ed equilibrio nel condurre benissimo l'Orchestra del Teatro, in grande spolvero. con misura ed attenzione. Successo meritato e convincente. con ripetute chiamate sul proscenio.

2 commenti:

  1. Belcore sul profilo vocale non mi e' piaciuto..sopratutto nella zona grave..caputo idem la voce altalenante il proiezione ed espansione..condivido il giudizio sulla furtiva lagrima..eccellenti Adina e Dulcamara

    RispondiElimina
  2. Grazie del tuo commento ANONIMO. Siamo sulla stessa onda (più o meno). Manca il tuo giudizio su Giannetta o sbaglio?

    RispondiElimina