sabato 28 marzo 2015

"Una triade immortale per la Stagione sinfonica di Frosinone. Successo caloroso." di Elena Dandini


Ancora una “triade immortale”, Rossini, Mozart e Beethoven , per la stagione di Musica Classica 2015 organizzata dal Comune  e dal Conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone.  Immensi nella loro diversità  eppure così vicini nella collocazione temporale delle loro composizioni  che sono state eseguite questa sera al Teatro Nestor  dall’Orchestra Sinfonica del Conservatorio  con la direzione del M°  Giorgio Proietti.

La consuetudine di Rossini di riciclare la sua stessa musica  trova riscontro anche nella stesura della Sinfonia de “Il Barbiere di Siviglia”, già usata in altre due occasioni: per  L’Aureliano in Palmira (1813)e per L’Elisabetta regina d’Inghilterra ( ottobre 1815).  In genere le ouverture o sinfonie, come dir si voglia, venivano scritte alla fine della composizione dell’opera e spesso non avevano legami con l’opera stessa e maggiormente servivano per avvisare il pubblico che lo spettacolo stava per iniziare, richiamandolo così all’attenzione e al silenzio. Il Barbiere di Siviglia  fu composto tra la fine del 1815 e il febbraio del 1816 e la sua prima (20 febbraio 1816) fu un clamoroso fiasco principalmente per  la presenza , nel Teatro di Torre Argentina a Roma, di Giovanni Paisiello, che aveva già composto un’opera omonima, e di tutta la sua  claque “da egli stesso aizzata”, come scrive Arnaldo Fraccaroli  (1882- 1956) nel suo Rossini. Il fiasco della prima fu però riscattato immediatamente dal successo delle repliche e l'opera di Rossini finì presto per oscurare la precedente versione di Paisiello, divenendo ad oggi una delle opere più rappresentate al mondo. Dopo un inizio lento e solenne, dell’Ouverture, segue un tema allegro e facilmente orecchiabile per concludersi con un episodio “temporalesco”, dal carattere deciso e potente, così frequente nelle  composizioni rossiniane,  celeberrimo , infatti, è il “temporale” della sinfonia del Guglielmo Tell.




Secondo ascolto della serata il Concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore n.23 K488 di W.A Mozart,  terminato di scrivere il 2 marzo 1786 a Vienna, che egli considerava “proprio il paese del pianoforte” ,  fu composto per le Accademie viennesi  della Quaresima di quell’anno. Le Accademie erano esibizioni pubbliche, i nostri odierni concerti , che si tenevano durante l’avvento e la quaresima, appunto,  quando i teatri erano chiusi. Tra i concerti di Mozart, questo è il più amato e contende al K 467 ( “Elvira Madigan”) la palma del più eseguito.  Fin dalle prime battute si annuncia come uno dei concerti più intimisti del salisburghese per l’introduzione del timbro morbido ed evocativo dei clarinetti.  L’Allegro del primo movimento è intenso e di forte tensione drammatica e  introduce alla delicata malinconia dell’Adagio, nella diversa tonalità di fa diesis minore, così intimamente lirico e di grande eleganza formale , vivace e brillantissimo l’Allegro assai finale nel più puro spirito scanzonato e fanciullesco di Amadeus . Solista al pianoforte il giovanissimo Eugenio Catone, pluripremiato in concorsi nazionali ed internazionali  svolge attività concertistica, sia come solista che come camerista, in stagioni italiane  ed estere, ha incantato il pubblico con un esecuzione di alto livello tecnico ed espressivo tanto da dover concedere un bis con il “pirotecnico” studio n.1 op.2 di Sergej  Prokofiev.
Ultima gemma ad “illuminare” ulteriormente la  serata , la Sinfonia n.7  in La maggiore op. 92, che fu iniziata nella sua stesura da Ludwig van Beethoven durante un suo soggiorno  a Teplitz,  città termale in Boemia dove seguiva una cura ( 1811), sperando di recuperarvi  l’udito. La prima esecuzione ebbe luogo l'8 dicembre del 1813 nella sala grande dell'Università di Vienna per un concerto di beneficenza. Richard Wagner in L'opera d’arte dell'avvenire così descrisse questa sinfonia: «La sinfonia è l'apoteosi della danza: è la danza nella sua suprema essenza, la più beata attuazione del movimento del corpo quasi idealmente concentrato nei suoni. Beethoven nelle sue opere ha portato nella musica il corpo, attuando la fusione tra corpo e mente.»  In forma quadripartita (Vivace-Allegretto-Presto- Allegro) ha forti richiami con la “Pastorale” , (primo movimento) , per la “sua natura festiva” , per “un senso di emancipazione dalla colpa che conduce a un Paradiso perduto “come ben descritto sempre da  Wagner nel suo libro su Beethoven  del 1870, non a caso è mancante del tradizionale tempo lento , quello dedicato al dolore, alla contemplazione, al lutto, alla tragedia presente in tutte le altre sinfonie beethoveniane, se si esclude L’Allegretto ,aperto e chiuso da un accordo dolente in la minore. Il clima festoso raggiunge l’apice nel travolgente finale in cui il musicista di Bonn fa largo impiego dei timpani.
L’Orchestra Sinfonica del Licinio Refice , in un particolare “stato di grazia”, specie nel settore degli archi, ha confermato una  crescente solidità e coesione, grazie anche alla bacchetta sempre elegante e precisa di Giorgio Proietti.


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