martedì 29 marzo 2016

Esce un nuovo libro sul compositore Hugo Wolf edito da Analogon Edizioni.

Autori vari

SU HUGO WOLF

Vol. 1: 1890-1937
Traduzione e cura di Erik Battaglia
«La vicenda di Wolf è una delle più straordinarie in tutta la storia dell'arte, e permette uno sguardo privilegiato nei misteri del genio umano.» 
(Romain Rolland)
In questo primo volume sono raccolti saggi e scritti sul compositore austriaco dal 1890 al 1937: Hugo Wolf (Date dalla mia vita), Romain Rolland (Hugo Wolf, 1908), Riccardo Prati (Hugo Wolf, 1914), Friedrich Eckstein (Ricordi wolfiani, 1935), Edmund Hellmer (Istantanee sfocate, 1921; I Michelangelo-Lieder, 1899), Felix Weingartner (Un ricordo di Hugo Wolf, 1928), Josef Schalk (Quattro saggi su Wolf, 1890-98), Ernest Newman (I Lieder «italiani», 1937; Le opere per il teatro, 1907), Joseph Marx (Der CorregidorIl cantore della primavera), Max Reger (L’eredità artistica di Hugo Wolf, 1904), Hermann Hefele (Lettera a Hugo Wolf, 1919). Con tre poesie su Wolf di Detlev von Liliencron, Carl Hauptmann e Frieda Zerny.
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«Chi, a metà degli anni ’80, fosse solito percorrere le strade del centro di Vienna, poteva facilmente, nello spazio di poche ore, incontrare i tre più grandi creatori di musica assoluta dopo Beethoven e Schubert: Hugo Wolf, Johannes Brahms e Anton Bruckner. Hugo Wolf era allora un giovane di circa venticinque anni, dalla figura piccola ed esile, con un pizzetto biondo e i resti diradati di un paio di baffi dai quali aveva la peculiare abitudine di strapparsi i peli uno a uno, con foga. Aveva occhi scuri e brillanti su un viso pallido che ricordava quello di Laurence Sterne e lo si vedeva di frequente affrettarsi per la strada immerso in un dialogo tra sé e sé, sempre con un libro o uno spartito sottobraccio, vestito accuratamente, perlopiù in giacca di velluto e un’ampia cravatta nera alla Lavalliere…
… a quel punto anche Wolf cominciò a fare a gara con Bruckner nel raccontare aneddoti e storielle, tanto che alla fine avevamo tutti le lacrime agli occhi dal ridere. Così trascorremmo il pomeriggio su quella terrazza, al parapetto che dal ripido bastione si affaccia sulla valle, con lo sguardo perso nello splendido paesaggio primaverile, verso i mossi pendii del Kahlenberg ricoperti di viti, verso il Danubio e i campi che si estendono lontani tra monti e castelli. Il crepuscolo cominciò a calare e il profumo del sambuco in fiore, risalendo dal fondovalle, ci pervase da ogni parte; così la sera passò in lieta conversazione, con il vino squisito della cantina del monastero, in gaio umore festivo, finché alla prima oscurità ci risolvemmo a iniziare il viaggio di ritorno per Vienna, questa volta in treno, nel vagone di terza classe. Anche questo tragitto alle ultime luci del tramonto fu meraviglioso, e una strana, festosa serenità si era impadronita di tutti noi…» [Dai ricordi di Friedrich Eckstein]

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