lunedì 21 marzo 2016

Successo più che convincente per lo Stabat Mater di Dvorak, per la prima volta al Petruzzelli.


Sono oltre 400 i compositori che si sono dedicati allo Stabat Mater, attribuito a Jacopone da Todi. Da Scarlatti a Pergolesi, da Palestrina a Despres, da Rossini a Verdi, e buon ultimo, quello di Dvorak. Una pagina di grande interesse, per la prima volta eseguita dal bravo Pietari Inkinen (nella foto) al Petruzzelli di Bari, con l'Orchestra ed il Coro del Teatro, e quattro validi solisti di lingua madre ceca: Katerina Kalvachova (soprano), Jana Sykorova (contralto), Ales Voracek (tenore)  Zddenek Plech (basso).
Una esecuzione molto riflessiva e vagamente malinconica. Il tema guida introduttivo è davvero molto bello, e si insinua con una tristezza quasi brahmsiana, ricordando sicuramente  il linguaggio del sublime Requiem Tedesco dell'amburghese. Il Coro è il protagonista assoluto della pagina. Ed i quattro solisti si fanno ammirare nei momenti più intensi dell'opera. Anche il direttore è valido nel dipingere con drammaticità gli squarci ideali con gli archi ed i fiati sempre intensi e seducenti. Ma è il Coro del Petruzzelli che si fa molto apprezzare per la sua amalgama ed il suo affiatamento coordinato dal Franco Sebastiani con attenzione ammirevole e serietà sibillina.
Forse non sarà un capolavoro, ma qui Dvorak raggiunge in ogni caso l'apice della sua maestria in alcuni passi davvero metafisici dell'opera, come il terzo ed il quinto numero, oltre al maestoso finale "Quando corpus morietur", a piena orchestra e coro, illuminando la visione eccelsa del Venerdì Santo con la sommatoria del Dolore espressa in musica e parole, col senso del peccato e della fine di Nostro Signore sulla croce. Il distacco dal Mondo Terreno. ed è proprio nell'ultmo movimento, dove si richiamano i temi iniziali, ripresi poi nel mondo maggiore, per una trionfante fuga di considerevole complessità nell'Amen finale. Successo di ottima intensità tributato da un pubblico numeroso e abbastanza festoso.

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