mercoledì 28 marzo 2012

Il mondo "industriale" visto da Giuliano Montaldo



Il"famelico"Direttore mi chiede:" Fammi un pezzullo su " L'industriale" di Montaldo"...al mio "obbedisco" acritico èseguito un tremulo pensiero: " E mo' ???... Che scrivo???". La mianon era paura, né particolare metus nei confronti di un campo inesplorato perme ( e per l' Orecchio), quale il cinema, ma un frutto amaro di quel velo ditimidezza che nasce dal gusto ( proibito?) per l'ignoto.A farmideterminato è il mio amore, mai nascosto, per una città, Torino, che èl'affresco livido di questa storia e che vi entra, a pieno titolo, ma lo fa, come sempre, con lasua notoria  algidissima discrezione.
La associazionetra la pedemontana capitale e la industria ( e la sua drammatica crisi, oggettoe sugo della storia) è immediata ed appunto tra le piazze ed i viali e controvialidel centro e la periferia "murazzata" e giallognola, come le acquedell'immutato grande fiume padano, si snoda il plot, alla apparenza fragile escontato. Alle difficoltà imprenditoriali di Nicola Ranieri ( un solidoPierfrancesco Favino, sempre alla altezza di qualsiasi cosa gli possa esseraffidato), piccolo industriale, decisamente e "sfortunatamente"rivolto al fotovoltaico, in crisi di fatturato e oggetto della azionepredatoria delle banche, si accomunano le crisi coniugali con la sua compagnaLaura ( una Carolina Crescentini, non più anoressica, né in corpo, né in faserecitativa).
La vicenda sisnoda debole attraverso i quadri, disegnati dai coniugiMontaldo. Si passa dalla incomunicabilità coniugale sempre più serrata,amplificata dal rischio crack al diversivo, incoraggiato da una amica di lei,verso un baldo garagista rumeno; alla disperazione di lui nel non vederproseguire il grande disegno famigliare, la fabbrica; alle confessioni alfidato operaio " di famiglia" circa la sua inadeguatezza, affaristicae financo umana e si arriva fino ai pedinamenti di lui, al tentativo di"liquidare economicamente" lo spasimante innamorato, ma corrispostodalla mogliettina solo platonicamente, che si rivela "liquidazione fisica"del giovane, già deluso da lei circa le sue erotiche voglie e si giunge, con un certo sollievo, al finale sospeso tra la confessione deldelitto e la confessione per il fallimento di una vita.
Due i momentigodibili del film: il primo, quand'egli, strozzato dalle pressioni di chi gli vuol farcedere pacchetto azionario di riferimento ( e residua credibilità),ricorre allo stratagemma di fregare le sue controparti inventando unatrattativa con un gruppo giapponese concorrente, formato da elementi del suoSushi bar preferito e l' altro, quando, illudendosi di aver superato le difficoltàfinanziarie, dà una festa e si permette di rifilare una sonora pacca sullaspalla del suo banchiere di "sfiducia" con la scusa di levargli unago di pino dal paltò.
Nelcomplesso, dunque, una prova dignitosa di tutto il cast- una speciale menzioneva a Roberto Alpi, nella persona dello spietato banchiere ed a Elisabetta Piccolomini, una suocera tutta da strozzare, data la sua umanità, forse inferiore ad una statua di Madame Tussaud- e del direttoredella fotografia Arnaldo Catinari, che rende, nel livore quasi "bianconeristico", semprepiù bella una già meravigliosa ed affascinante Torino.
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