giovedì 1 marzo 2012

Le verità di Silvia Godelli sulla delicata vicenda della Fondazione Petruzzelli *


“Rendere giustizia alla verità è sempre utile. Anche nel caso della vicenda del Petruzzelli, il nostro teatro. Dico nostro perchè è di tutti, perchè è un simbolo della nostra terra, e perchè la cultura è il motore dello sviluppo civile, la leva della evoluzione sociale, il collante di ogni comunità. Per oltre sei anni sono stata componente del Consiglio di Amministrazione del Petruzzelli, prima ancora che venisse completata la ricostruzione”. Lo dice l’assessore al Mediterraneo e alle Attività Culturali della Regione Puglia, Silvia Godelli (nella foto).
“Una stagione, quella, difficile ed esaltante, un risultato faticoso raggiunto dalle istituzioni per operare non solo una restituzione alla collettività, ma anche la riparazione di un vulnus drammatico, la cui colpa non è stata ancora svelata. Il Presidente Vendola ha parlato di irregolarità nella gestione del Petruzzelli. Io credo di averle tante e tante volte rese pubbliche, attraverso la stampa e le tv”. “Ma voglio ricordarle, seppure in breve. Faccio qualche esempio, per farmi comprendere. In sei anni di partecipazione al Cda mai un verbale di riunione è stato reso noto agli stessi consiglieri. Mai abbiamo avuto modo di sapere con certezza i costi specifici di ciascuna produzione artistica, mai abbiamo avuto un resoconto analitico relativo alle assunzioni, ai contratti in essere. Mai, dico mai, abbiamo saputo con che criterio venissero effettuate le stesse assunzioni, anzi posso affermare che non ho mai ottenuto di sapere quante persone lavorassero per la Fondazione”.
“Ogni (vano) tentativo di discutere dell’impiego del denaro pubblico è stato criminalizzato e presentato come un “attacco politico”. Ancora l’altro giorno ho letto il curioso termine di ‘blocco antagonista’, inteso a designare chi ha sempre chiesto trasparenza, semplicemente aspirando a leggere in tempo utile carte e i documenti posti al voto nel Cda. Oggi chiedo: se la pianta organica ufficiale è di 171 unità, quanti sono veramente i lavoratori che hanno in essere dei contratti? Come si motivano, e che costi hanno, i contratti eccedenti la pianta organica? Qual è il costo del personale? Quale è il costo dei singoli contratti? Quante maschere lavorano in teatro? Chi sceglie i lavoratori? Perchè i nomi di chi è stato assunto non compaiono sul sito della Fondazione? Secondo quali criteri sono stati scelti alcuni musicisti da assumere a lungo termine, senza alcuna procedura pubblica? I criteri che vengono utilizzati per le assunzioni sono di natura personalistica? E comunque quali sono? Come mai per anni sono state promesse impossibili stabilizzazioni e assunzioni a tempo indeterminato a centinaia di persone, traendole in inganno? E chiedo ancora: qual è il piano di sviluppo aziendale del teatro? Come mai non c’è un regolamento che definisca come e a che costi concederne l’uso? Perchè si è fatto in modo che un socio privato, che ha versato al teatro 800mila euro, fosse obbligato a ritirarsi?
Le domande che ho elencato non sono retoriche, sono autentiche. Non hanno mai avuto risposta fino ad oggi. Concludo osservando che far retorica sulla precarietà dei lavoratori del Petruzzelli, a cui non è stato garantito un futuro a causa di una gestione quanto meno discutibile del teatro e delle sue risorse finanziarie non è di buon gusto e appare come un tentativo di strumentalizzarne il disagio per ragioni altre. Il bilancio del Petruzzelli, tra risorse pubbliche e entrate degli spettacoli si aggira attorno ai 14 milioni. Non è molto, anzi è poco, ma come base per sviluppare l’attività, acquisire soci privati, garantire occupazione stabile e qualificata con metodi trasparenti, andrebbero gestiti in ben altro modo. In tempi di crisi, di disoccupazione, di precarietà, non basta rispondere che Wagner è stato un grande successo”. *(Fonte: "STATO Quotidiano" on line, 29 febbraio 2012)

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